Cittadinanza italiana per nascita

L’art. 4 della Legge n. 91 del 1992 disciplina la cittadinanza acquistata per beneficio di legge che sopravvive nell’ordinamento come ipotesi di acquisto “automatico” se pure condizionato da una espressa manifestazione di volontà del soggetto.
Al comma 2 prevede espressamente che: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.
In base ad una interpretazione letterale si è ritenuto che in presenza dei presupposti richiesti dalla legge (nascita in Italia, residenza ininterrotta e manifestazione di volontà entro un anno dal raggiungimento della maggiore età) è configurabile come un vero e proprio diritto soggettivo dell’istante.

Il Ministero dell’Interno con circolare n.22/07 del 7 novembre 2007 prendendo atto che alcuni genitori stranieri sebbene presenti nel nostro Stato, non avevano provveduto o lo avevano fatto in ritardo, all’inserimento nel proprio permesso di soggiorno dei figli nati in Italia o la loro iscrizione all’anagrafe del Comune di residenza e in mancanza di tale requisito non era stato possibile l’ acquisizione del nostro status civitatis.
Il Ministero dell’Interno disponeva con la circolare che l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, poteva considerarsi non pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 4 comma 2 della legge 91/92 :
“Si è pertanto ritenuto opportuno individuare criteri di applicazione dell’art. 4, comma 2 e del conseguente art. 1 del D.P.R. 572/93 sopracitati, che meglio rispondano all’attuale contesto sociale, al fine di evitare che le omissioni o i ritardi relativi ai predetti adempimenti, spettanti ai soggetti esercenti la patria potestà e non imputabili al minore, possano arrecargli danno. Quanto sopra, in armonia con la linea di azione del Governo e con l’orientamento in ambito internazionale volti alla tutela in via primaria degli interessi del minore.

Alla luce delle più recenti linee interpretative introdotte con la circolare n. K.60.1 del 5 gennaio 2007, si precisa quindi che l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, potrà considerarsi non pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’ art. 4 comma 2 della legge 91/92, ove vi sia una documentazione atta a dimostrare l’effettiva presenza dello stesso nel nostro Paese nel periodo antecedente la regolarizzazione anagrafica (attestati di vaccinazione, certificati medici in generale etc)”

Con la stessa circolare n.22/07 del 7 novembre 2007 si introduceva però un limite ulteriore all’acquisto non previsto dalla legge n. 91/1992 “ L’iscrizione anagrafica dovrà comunque essere ragionevolmente ricollegabile al momento della nascita e quest’ultima dovrà essere stata regolarmente denunciata presso un Comune italiano da almeno uno dei genitori legalmente residente in Italia”.

Il Tribunale di Imperia con sentenza 11 settembre 2012 si è pronunciato su quest’ultimo limite : “Tale norma (l’art 4 comma 2° 91/1992) stabilisce, quali unici presupposti per l’ottenimento della cittadinanza, che il minore sia nato in Italia e che vi abbia risieduto, ininterrottamente e legalmente, fino al raggiungimento della maggiore età, senza fare affatto riferimento all’ulteriore requisito che il minore sia stato iscritto all’anagrafe italiana da almeno un genitore con residenza legale in Italia.

La ratio della norma in questione consiste nell’esigenza di favorire l’acquisto della cittadinanza da parte di persone che, essendo nate nel nostro paese e avendovi continuativamente abitato, sono verosimilmente del tutto integrate nel nostro tessuto sociale, economico e culturale.

Non possono quindi essere introdotti in via amministrativa limiti all’acquisto della cittadinanza ulteriori rispetto a quelli previsti dalla Legge del 1992, che ne frustrino gli intenti”.

 Sentenza del Tribunale di Imperia dell’11 settembre 2012

Nuovi redditi ricongiungimento familiare

Il permesso di soggiorno per attesa occupazione ha validità di un anno. Rispetto alla nuove regole ora stanno consegnando i primi permessi con durata un anno.

 Gli immigrati che hanno perso il lavoro ora  hanno più  tempo per trovarne un altro prima di perdere il diritto a soggiornare in Italia. Un paracadute per salvarsi dall’irregolarità mentre la crisi colpisce duramente l’occupazione, anche straniera.

È scritto nelle “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” (Legge 92/2012)”, pubblicate il 3 luglio in Gazzetta Ufficiale e in vigore da oggi. Tra le tante novità, ce n’è anche una che modifica il Testo Unico sull’Immigrazione, tutelando i disoccupati stranieri.

Dice che chi ha perso il lavoro, per dimissioni o per licenziamento, può rimanere iscritto alle liste di collocamento, e quindi avere un permesso di soggiorno per attesa occupazione, almeno per un anno (oggi il limite è di sei mesi) e comunque per tutta la durata di eventuali ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione. Scaduto quel periodo, potrà soggiornare regolarmente in Italia solo chi dimostra di avere un reddito, proveniente da fonti lecite, sufficiente a mantenersi, calcolo in cui andrà considerato anche il reddito complessivo dei familiari conviventi.

Il ministero dell’Interno ha già informato della novità tutte le Questure.